Tempo fa una mamma confidò di essere preoccupata per il figlio tredicenne perché, avendo del talento calcistico, erano arrivate molte proposte da varie associazioni del settore. In lei nacque la paura che tralasciasse la scuola per la sua passione e ,pur avendo ricevuto dal figlio assicurazioni sullo studio,lei non si sentiva tranquilla.
Le chiesi: Antonella (nome di fantasia), dov’ è il problema per te? Più che preoccupata mi dai l’impressione di volere in qualche modo TENERLO a casa e non solo per la scuola.
Lei mi rispose: evito che possa sentirsi dire di NO.
Aggiunsi: e cosa succederebbe se dovesse ricevere un NO?
Lei: Delusione. I miei genitori quando ero piccola mi hanno impedito spesso di fare cose nuove per PAURA DEI NO, perché… e se poi ci stavo male? (…)
Una domanda che mi sento fare spesso è:
“Come posso insegnare ai miei figli, ai bambini ad avere più autostima?”.
Questa domanda mi mette in difficoltà: è un po’ come se mi chiedessero come fare ad insegnare ad amare.
Andando a pescare dalla mia esperienza con i bambini e con gli adolescenti e in base alle mie letture sul tema, mi sento di dire che la stima non è una cosa che “ce l’hai o non ce l’hai”.
Essa presuppone che si faccia qualche cosa. Mi spiego.
Sono convinta che più che insegnarla, spiegarla,la si deve far vivere permettendo loro, ogni volta che è possibile,di fare da soli fin da piccoli.
Alternare l’ESSERNE LA GUIDA a momenti nei quali sperimentano le proprie capacità di FAR DA SOLI.
La preoccupazione di noi adulti che nella vita i bambini e i ragazzi possano sbagliare e rimanerci male è normale. Ma non è sana se si trasforma in una loro paura. Non devono“diventare dei super eroi”. Avere paura di fallire, di non essere all’altezza è normale quando si affrontano nuove situazioni: fanno parte del gioco e se si accettano si affronterà comunque la cosa con coraggio e consapevolezza.
Possiamo dire in un sacco di modi diversi cos’è avere stima in se stessi, ma affinché il bambino “in evoluzione” entri in quello stato d’animo e si stimi deve PASSARE PER L’AZIONE, deve far qualcosa. Noi possiamo dare un input: offrire opportunità per stimolare il suo interesse e affiancarlo, oppure accogliere le sue proposte e affiancarlo.
Siamo noi adulti (…)che dobbiamo assumerci il rischio di credere in loro ancor prima che ci forniscano le prove di essere persone capaci(…) [cit.]